“Solo” una truffa: questa la versione dei fatti fornita al gip da due delle quattro persone arrestate giovedì scorso dopo l’indagine della Guardia di Finanza su delle presunte interferenze nell’assegnazione di appalti pubblici a favore della Valcart di Rogno, accusata di averne ottenuti per un valore superiore a dodici milioni di euro.

Se Sergio Bava, ritenuto amministratore di fatto dell’azienda, ed Antonio Marcone, dipendente di E-Distribuzione accusato di aver ricevuto delle tangenti per favorire la Valcart, si sono avvalsi della facoltà di non rispondere, a parlare sono stati Vincenzo Pompeo Bava, fratello di Sergio, e Paolo Giannetta, ritenuto dagli investigatori l’hacker che sarebbe entrato nella piattaforma di Terna per visualizzare le offerte degli altri partecipanti alle gare e favorire la Valcart.

I due hanno fornito la loro verità dei fatti, che consiste in un tentativo di truffa ai danni di Sergio Bava. Giannetta ha spiegato di non aver mai effettuato accessi abusivi, ma di averlo fatto credere, in modo da estorcere denaro a Sergio, con Vincenzo che gli aveva promesso una percentuale pari a 90mila euro, soldi che non avrebbe mai ricevuto.

Alla luce di ciò, il loro legale ha chiesto per i due la misura dei domiciliari, già applicata per Marcone. Secondo il sostituto procuratore, però, i quattro avrebbero messo insieme un sistema vero e proprio, che passava dagli accessi abusivi informatici alle tangenti al dipendente di Enel-Distribuzione consegnate ai caselli autostradali (con tanto di scene immortalate da alcune riprese), per accaparrarsi gli appalti. In tutto, le persone indagate nell’inchiesta della Guardia di Finanza sono tredici.

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