Dal 17 maggio 2024 Rosario Maria Anzalone, 43 anni, archeologo di formazione, proveniente dai Musei Reali di Torino, con esperienze in Grecia e in Germania, è a capo della Direzione regionale dei Musei statali in Lombardia, che in tutto sono 13 e che comprendono anche il Museo e il Parco di Cividate Camuno, testimoni dell’epoca romana in Vallecamonica, e il Parco di Naquane, il Mupre e i Massi di Cemmo, che custodiscono invece il patrimonio risalente alla preistoria come le incisioni rupestri, primo sito Unesco d’Italia.
“Questi primi mesi – afferma il Direttore Anzalone facendo il punto dopo l’insediamento – sono serviti a conoscere luoghi e persone, ad incontrare gli amministratori locali e molti altri soggetti portatori d’interesse, a mettere a punto obiettivi e strategie condivisi con gli appassionati direttori dei nostri 13 musei e con l’intero team”.
Anzalone ha ringraziato Emanuela Daffra, oggi Soprintendente all’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, che lo ha preceduto e che gli ha passato una struttura motivata e ben organizzata. Guardando al futuro il nuovo direttore ha affermato: “Potremo dire di aver assolto alla nostra funzione nel momento in cui, oltre a preservare al meglio il nostro patrimonio, avremo saputo rendere i nostri musei luoghi attrattivi anche in funzione di una loro percepita familiarità e accoglienza”. Positiva, denota la Direzione museale, la sperimentazione dell’e-ticketing, attraverso l’app “Musei Italiani”. Nel corso dei prossimi mesi tutti i musei statali lombardi, compresi i siti camuni, passeranno gradualmente a questo sistema di bigliettazione.
Forniti anche i dati del 2023, quando i visitatori complessivi nei musei statali della Lombardia sono stati 1,2 milioni, portando introiti complessivi lordi di bigliettazione di 7,8 milioni di euro. L’andamento dei dati parziali del 2024 è in linea con il trend 2023.
In questi mesi gli addetti alla vigilanza dei musei e parchi delle incisioni della Vallecamonica hanno chiesto, senza successo, di poter incontrare il nuovo direttore Anzalone, che, riferiscono, ha declinato l’invito, poiché, a detta sua, “non sussisterebbero le ragioni per farlo”. Dopo il diniego all’incontro, chiesto proprio per parlare della nota situazione di precarietà, hanno diffuso una lettera, scritta con l’Unione sindacale di base-coordinamento vigilanza, in cui si chiedono a cosa serva il patrimonio culturale se non c’è dignità per chi lavora.
Gli operatori, dipendenti di cooperative e imprese private, ricordano di avere trattamenti economici di 5 euro lordi l’ora, perdipiù senza avere diritti, precisando che i rappresentanti del Ministero della Cultura “non si curano delle ricorrenti richieste d’intervento e indicano le imprese appaltatrici quale unico interlocutore nel tentativo di diluire la propria responsabilità per le condizioni economiche e contrattuali a cui sono sottoposti gli addetti” che, di fatto, lavorano all’interno dei siti pubblici.