Rimettere in discussione il modo di stare nelle comunità. Parte da questo presupposto la Cooperativa Sociale Il Cardo di Edolo, che propone e rivede le attività per i suoi ospiti. Che sia la comunità di Edolo, oppure quella di Monno con il progetto di CàMon o un’altra ancora, l’idea è di non offrire più soltanto dei servizi da “chiudere dentro” alla Cooperativa, ma di provare a dialogare con le persone che vivono nei paesi e fare qualcosa insieme a loro.

Il primo passo è stato fatto con l’appello lanciato attraverso un volantino recapitato ai residenti del centro storico di Edolo, tra via Cesare Battisti e via Canale, dove il Cardo trascorrerà del tempo nei mesi estivi, con base nelle ex prigioni. Qualcuno ha già risposto e, insieme ai ragazzi e ai loro animatori, venerdì ha aiutato a pulire e sistemare gli spazi. L’appuntamento si replicherà giovedì 27 maggio dalle 14:30.

“Si tratta di un sentimento che si è acutizzato in pandemia” spiega il direttore Marco Milzani “Siamo stati obbligati a rispondere solo a regole per tanto tempo. Ad oggi i servizi hanno – giustamente – protocolli infiniti da rispettare, ma poter tornare al dialogo con gli abitanti di Edolo vecchia è sinonimo di apertura, di respiro. Responsabilizzare famiglie e cittadini per permettere a chi ha un bisogno abitativo di risolverlo; provare a dare una risposta, magari non adeguata ma libera, ha un bel ritorno di entusiasmo”.

Ecco perché, seguendo la stessa modalità, la Cooperativa di Edolo ha rivisto il modo di occuparsi dei progetti agricoli, direttamente con il centro socio-educativo e con la gente. Ne è nato lo scambio di semi e di utili consigli. Anche il progetto di housing sociale che coinvolge due ragazzi del Centro diurno va nella medesima direzione: non verrà gestito come un servizio, ma come una casa vera e propria in cui i due utenti saranno autonomi e liberi di organizzare il loro tempo, a contatto e in dialogo con l’esterno.

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