Un libro che racconta esperienze di musicoterapia; di fatto libro dedicato all’ascolto. Perché alla fine, suonare non è altro che mettersi in ascolto. Succede anche se suoni da solo, perché suonando da solo ascolti te stesso.

 

Quando Matteo, giovanissimo e pieno di capelli, trasmetteva su Radio Voce Camuna era in pieno periodo metal. Ricordo di averlo sentito dire ad un suo amico, mentre un brano andava in onda, che quella canzone lo faceva sentire molto cattivo. La cosa mi preoccupò moltissimo: l’idea che la musica rendesse cattivi e che noi la si passasse per radio non mi piaceva. Poi, con calma, ho ragionato sulla frase di Matteo: non aveva detto che quella canzone lo rendeva cattivo, ma che lo faceva sentire cattivo. Non è esattamente la stessa cosa. È una questione di alfabeti: per comunicare usiamo in buona parte le parole e per poterlo fare ci serve un vocabolario che contenga vocaboli che esprimono concetti; non possedere certe parole non permette di comunicare quelle idee. Non è una cosa da poco, perché non riuscirsi ad esprimere fa star male, come è frustrante relazionarsi con qualcuno che non capisce quello che diciamo. Che c’entra? Teo allora stava imparando le parole del vocabolario della musica. Parole senza lettere, a volte anche senza suoni, fatte di vibrazioni che comunicano attraverso un linguaggio forse primitivo, forse più evoluto, capace comunque di arrivare anche dove le lingue codificate non penetrano.

Il senso della musicoterapia non è quindi quello superficiale del rilassarsi ascoltando new age. Consiste nell’esplorare, attraverso un linguaggio nuovo, una parte del nostro comunicare che di solito trascuriamo. Consiste, come si diceva in apertura, nel mettersi in ascolto. Di se stessi, se si suona da soli, degli altri, se si suona per loro. Significa possedere un vocabolario di vibrazioni che esprimono un modo di sentire che le parole non sanno dire. Ed è importante conoscerle una per una, sapendo che alcune fanno sentire cattivi ed altre fanno sentire buoni. Significa scegliere e graduare il discorso sulle reazioni degli altri. E siccome si comunica significa anche che alla fine il tuo dizionario di vibrazioni si arricchisce, perché nel dare ricevi. E siccome quando comunichi con il vibrare della musica lo fai attraverso un linguaggio forse primitivo, forse più evoluto, capace comunque di arrivare anche dove il linguaggio codificato non penetra, succede che riesci a sentirti anche con persone che non parlano la tua lingua, che non parlano affatto, che non sentono con le orecchie, protagoniste di un mondo in cui non valgono le regole solite. Significa mettersi alla prova, non darsi per arrivati, collocare il proprio centro dentro l’altro. E quando anche l’altro riesce a fare la stessa cosa deve essere un po’ come fare l’amore.

Ecco: questo è un libro erotico, in quanto celebra le bellezze dell’amore che si esprime in dialoghi capaci di usare il corpo, ma per andare oltre il corpo. Ed essendo un libro erotico ed un atto d’amore è distribuito gratuitamente a chiunque contatti Teo o Carlo via mail: carlo@sinigaglia.de   teo@teomarchese.com

SINIGAGLIA Carlo – MARCHESE Matteo, Il giorno in cui abbiamo inventato l’acqua calda – storie di musicoterapia. Persone, incontri e occasioni che la musica crea, www.musicaerelazione.com , 2016, pp. 109. Prefazione di Giuliano Zanchi

Share This