“Il proposito omicidiario è il frutto di una lunga premeditazione e di un piano criminoso che ha consentito loro di celare per lungo tempo la morte e di depistare le indagini” scrive il Gip del Tribunale di Brescia, Alessandra Sabatucci, nell’ordinanza di custodia cautelare di due figlie di Laura Ziliani e del fidanzato della maggiore.
Silvia e Paola Zani, 27 e 19 anni, e Mirto Milani, 27 anni (residente in provincia di Lecco e raggiunto all’alba nella bergamasca) avrebbero agito per ragioni economiche: “I tre indagati avevano un chiaro interesse a sostituirsi a Laura Ziliani nell’amministrazione di un vasto patrimonio immobiliare al fine di risolvere i rispettivi problemi economici”. La donna era intestataria di diversi immobili tra Temù, Malonno, Edolo e Brescia, circa una decina. Secondo indiscrezioni pare inoltre che fosse contraria all’idea delle figlie di trasformare la casa di famiglia di Temù in un Bed and breakfast.
Contestati i reati di omicidio volontario, aggravato dalla relazione di parentela con la vittima, e quello di occultamento di cadavere: il corpo della 55enne, lo ricordiamo, venne rinvenuto lungo l’argine del fiume Oglio a Temù lo scorso 8 agosto, a tre mesi dalla denuncia di scomparsa, fatta proprio dalle due figlie poi indagate e arrestate. Molte da subito le incongruenze notate dalle forze dell’ordine, che dopo la denuncia procedettero alla ricerca di persona scomparsa ma, al contempo, diedero il via a delle indagini che ipotizzavano l’omicidio.
Sono 38 le pagine degli atti depositati dalla procura che sostengono che i tre giovani finiti in cella avrebbero pensato a tutto nel dettaglio, cercando di confondere le indagini, probabilmente anche cancellando i dati dai propri telefoni cellulari, sequestrati dagli inquirenti per analizzare traffico telefonico e celle agganciate in quei giorni di inizio maggio.
Decisivi alla svolta delle ultime ore anche gli esiti dell’esame tossicologico sul cadavere della Ziliani: l’Istituto di medicina legale di Brescia ha individuato delle tracce di sostanze che “hanno causato la morte della donna o contribuito alla sua determinazione”, in particolare tracce di benzodiazepine, con azione ansiolitica e ipnoconduttrice, contenute di solito negli psicofarmaci.
Il procuratore capo di Brescia, Francesco Prete, commentando gli arresti dei tre, che erano indagati da fine giugno ha affermato: “Siamo davanti ad un quadro indiziario. Il condizionale si impone, nel senso che non abbiamo alcuna certezza. Quattro mesi e mezzo di investigazioni serrate hanno portato però a ribaltare la versione originaria, quella cioè della scomparsa e della morte naturale. La nostra è un’ipotesi che al momento riteniamo fondata, grazie anche al contributo che ha dato l’Istituto di medicina legale”.