Capita di leggere sul web espressioni del tipo ‘Etraliscio sdogana a Sanremo la musica da ballo’. In realtà abbiamo a che fare con una sorta di ‘ricorso’ storico in chiave impegnata.

Succede infatti che sin dalla prima edizione la musica del festival, complice il potere del melodico italiano, è stata caratterizzata dalla presenza di ‘ballabili’ che nel giro di poco diventavano classici delle orchestre da balera, con arrangiamenti più o meno raffinati.

Non solo: nel 1974, all’epoca del trionfo del folk in tutte le sue forme, la medesima in cui nelle case ci sbarazzavamo degli splendidi mobili in arte povera per sostituirli con ciofeche di truciolato laminato teck, a calcare le tavole dell’Ariston fu l’Orchestra Casadei reduce dai successi del Festivalbar e in attesa di partecipare a Un Disco Per L’Estate.

Niente di nuovo sotto il sole, quindi, anche considerando che Moreno il Biondo degli Extraliscio è stato caporchestra dei Casadei. Se proprio assistiamo allo ‘sdoganamento’ di Mirco Mariani, già collaboratore di Enrico Rava, Paolo Fresu, Stefano Bollani e Vinicio Capossela.

Extraliscio rappresenta di fatto il miscuglio fra il ‘sentire’ di tradizione e quel suonare colto che, se troppo praticato, rischia di provocare crampi ai polpacci anche alla Carlucci.  L’impressione che si ha ascoltando ‘Punk da balera’ è quella della testa che dopo tante giravolte rimane stordita. Il disco è infatti una bevanda strana in cui gli ingredienti si compensano, si integrano, si alternano, senza mai sciogliersi completamente l’uno nell’altro.

Hai quindi l’impressione a momenti di ascoltare il suono quasi balcanico di certe formazioni folk rock molto amate nei contesti musicali di ispirazione progressista e subito dopo di trovarti spiazzato dentro brani che più liscio di così non si può.

In situazioni del genere a fare la differenza potrebbe essere la modalità di presentazione del prodotto al pubblico: Elio ha saputo far passare come genialate delle mezze monnezze, grazie ad invenzioni di vocabolario o di guardaroba. Metti al centro lo spettacolo e tutti crederanno che ‘La canzone mononota’ sia un pezzo originale e non un tributo ad ‘A’ di Francesco Salvi (manco a fare apposta entrambe presentate a Sanremo).

La recente dipartita degli Elii (che come da tradizione a volte ritornano) lascerebbe intendere che l’alchimia non sempre paga (o funziona, dipende dai punti di vista). Resta il fatto che questo muoversi nella terra di mezzo, questo stare in equilibrio sulla sottile lama di rasoio che separa la semplicità e l’immediatezza pretesa da una parte e l’elaborazione ricercata voluta dall’altra rischia di non arrivare al dunque se non sostenuta da una scrittura popolare e importante. Tale assenza si paga con il semplice che degenera in semplicistico e il ricercato che diventa noioso.

Sarebbe interessante riascoltare gli Extraliscio in un disco di rielaborazione di pezzi da 90, dalla tradizione da balera ai classici della musica italiana in genere, per capire quale sia realmente il potenziale esplosivo della miscela. Per il resto posso dire di aver fatto meno fatica a capire il legame della band con la produttrice del disco (Elisabetta Sgarbi) piuttosto che la correlazione con il punk nel titolo dell’album.    

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