Questa intervista con Mauro Bacchetti risale all’ottobre del 2010 ed è relatva all’uscita del disco “Canzoni datate”.

 

CESARE: Stasera sono qui con Mauro Bacchetti. Buonasera, Mauro.

MAURO: Buonasera, buonasera.

CESARE: Mauro Bacchetti di Vestone, se non mi sbaglio…

MAURO: Valsabbino, sì.

CESARE: Hai una storia musicale piuttosto interessante. Ce la puoi raccontare per sommi capi?

MAURO: Ho cominciato a suonare da bambino, poi la passione è andata avanti, diciamo, a una certa età ho cominciato a suonare la fisarmonica, ho preso alcune lezioni, dopo all’epoca dei Beatles si cominciava ad ascoltare i Beatles, ho incontrato la chitarra e dopo un paio di anni di studio di chitarra ho fatto un gruppo con amici della Valsabbia, si chiamavano gli Slots, e andavamo a suonare nei locali della valle, nel Trentino, ed è stato un buon percorso finchè sono giunto al professionismo, l’ho fatto per due-tre anni. Noi abitavamo a Firenze, lì avevamo la sede, poi ho avuto una crisi perché non mi piaceva viaggiare, era pericoloso e ho smesso di fare il professionista e ho cominciato un’altra vita, vari lavori, però la musica è sempre stata dietro l’angolo, e quando ho avuto l’opportunita ho cominciato a fare il primo disco, prima cassetta, primo 45 giri, primo ellepì, poi negli anni sono arrivato al quinto lavoro, ne seguiranno ancora un paio, poi non so cosa faremo.

CESARE: Tra l’altro vedo che sei spesso in contatto con i ragazzi dell’Associazione PalcoGiovani che producono annualmente il volumetto “Goi de cùntala?”, che esce ogni anno verso Natale, a giorni dovrebbe uscire il prossimo. Ci sono dei tuoi pezzi anche su quei dischi.

MAURO: Sì, ho partecipato al primo perché collaboravo con Charlie Cinelli, che stimo molto, è un grande, credo che sia il più grande della provincia. Nel primo “Goi de cùntala?” ho fatto la canzone “Bala putì”, che è una ninna nanna, che mi ha dato molte soddisfazioni, poi negli anni ho partecipato a sette edizioni, poi ho suonato tanti anni con i Malghesetti, con i quali ho partecipato poi ai lavori successivi. Quest’anno non partecipo perché in questo periodo non ci sono, sono qui per caso perché devo andare all’estero.

CESARE: Una delle canzoni più rappresentative del tuo ultimo album “Canzoni datate” è quella dedicata ai Beatles. Mi dicevi che dietro ogni tua canzone c’è una storia ben precisa.

MAURO: Questa sui Beatles è una canzone che ho scritto verso la fine degli anni ’70 e quando andavo per registrare i miei pezzi, i musicisti che lavoravano con me, perché ho sempre avuto comunque la collaborazione di musicisti di valore nelle mie registrazioni, mi dicevano che era un po’ complicata da suonare, ma poi era un po’ difficile registrarla perché ha dei cambi abbastanza strani, però a me è sempre piaciuta, adesso l’ho ripresa e l’ho fatta con calma, l’ho messa nel CD. “Canzoni datate” sono vecchie canzoni che avevo messo da parte, dicevo “un giorno o l’altro le farò” e adesso sono riuscito a farle.

CESARE: Leggevo sulle note interne del disco che quando tu proponevi queste canzoni ai discografici dei tempi, ti rispondevano “suonano vecchie”.

MAURO: Sono “canzoni datate”, ma la musica credo che sia tutta datata.

CESARE: Vedo qui sulle note della biografia che c’è nel tuo sito, www.maurobacchetti.it, che tu hai collaborato con vari musicisti e autori, tra cui Nello Panichi, Luciano Fineschi, Ivan Graziani, Pierangelo Bertoli, Basilio Beltrami. Questi grandissimi artisti, che persone erano?

MAURO: Il Panichi è un poeta e pittore fiorentino, allievo del professor Masini, che ha anche fatto il testo di una canzone che ha vinto Sanremo, “I giorni dell’arcobaleno” di Nicola Di Bari, Luciano Fineschi era il direttore dell’orchestra di “Settevoci”, che aveva fatto la famosa canzone “Donna Rosa”…

CESARE: “Settevoci”, trasmissione presentata da Pippo Baudo…

MAURO: Con lui ho collaborato parecchio quando facevo il professionista, suonavo con un gruppo chiamato “Avanti Cristo”, interessante, abbiamo fatto un po’ di esperienza, e abbiamo collaborato parecchio con questo maestro, che mi ha dato anche grandi indicazioni.

CESARE: Cosa racconti sulla canzone che si chiama “Yusnay”?

MAURO: “Yusnay” è il nome di una ragazza cubana, dell’Avana, che ho conosciuto una sera, l’abbiamo incontrata per strada. Ero con un amico e l’abbiamo invitata a cena perché ci ha fatto tenerezza. Con lei e una sua amica abbiamo mangiato assieme e abbiamo scambiato, io le ho fatto delle domande perché ero curioso di capire come funzionavano le cose lì, lei mi ha raccontato delle cose che mi hanno dato quest’emozione, e poco dopo, nel viaggio di ritorno da Cuba, ho scritto questo pezzo.

CESARE: Cosa succedeva nel ’63?

MAURO: Nel ’63 avevo quindici anni, e lo dice la canzone stessa. “Nel ‘63” è una canzone che fa parte del CD “Amo e mi diverto cantando”, che è del 2003. Parla di ricordi, di impressioni, di mia madre, dei colori, delle sensazioni di quell’età, che poi ho sviluppato negli anni, ed è venuto questo pezzo, un po’ un frammento della storia della mia vita adolescenziale.

CESARE: Tu hai fatto anche parecchie puntate nel mondo della canzone dialettale. Ad esempio, “Trùta blues”.

MAURO: E’ un pezzo molto ironico, il blues è una musica piacevole per chi la esegue, forse un po’ meno piacevole per chi la ascolta perché è ripetitiva. Una sera, durante una cena, si mangiava la trota, con gli amici un po’ di risate ed è venuta fuori questa cosa della trota, del maiale, un linguaggio culinario un po’ ironico.

CESARE: Anche “Lelo rock” è ironico. “Lelo” è anche un’espressione dialettale della nostra zona che significa “stùpit”.

MAURO: Esatto. Comunque è riferita a un personaggio, un giovane degli ani ’60 che conoscevo molto bene, e la storia è quasi veritiera, diciamo. Sono cose che succedevano, sempre ironiche e goliardiche.

CESARE: Tu trovi il dialetto un po’ restrittivo, ti stai forse stancando di cantare in dialetto?

MAURO: Sì, perché credo che sia un po’ marginale. Ho molto rispetto per il dialetto, sono molto legato, secondo me il dialetto toglie le barriere. A creare le barriere è il linguaggio nazionale, il dialetto le toglie, perché collega i paesi uno vicino all’altro, hanno un dialetto simile, quindi si comprendono. Puoi fare il giro del mondo con il dialetto. Però è anche vero che il dialetto è molto limitato musicalmente.

CESARE: Cosa mi dici di “E quella gente”?

MAURO: E’ un po’ il sunto delle speranze della gioventù dei venti e dei trent’anni, è la descrizione di un sogno quasi rivoluzionario nel quale si può credere e sperare.

CESARE: Una delle canzoni che tu avevi proposto per “Goi de cùntata?” si chiama “Genova e la lùna”.

MAURO: “Genova è la lùna” è il racconto di un viaggio di una ragazza di Vestone che, durante una festa, mi ha chiamato e mi ha detto “guarda, tu che scrivi le canzoni, ho avuto un’esperienza che forse ti interessa”, e mi ha raccontato questa storia, che lei è andata a Genova e ha visto una luna bellissima, durante il viaggio di ritorno non l’ha perduta di vista, e se l’è ritrovata a Vestone, quindi “la luna mi ha accompagnato a Vestone”, cioè convinta che la luna di Genova non fosse quella di Vestone. Non è stata capita molto bene su “Goi de cùntala?”, perché si diceva che non era una cosa bresciana.. Io credo invece che era un’espressione bresciana che è un po’ ironica anche questa.

CESARE: Tra l’altro è quello che dicevamo prima, il dialetto dovrebbe abbattere le barriere, non creare steccati. Un altro pezzo che mi è rimasto abbastanza “fissato” è “E mi diverto cantando”, e credo che questo rispecchi in pieno la tua filosofia di musica.

MAURO: Sì, filosofia di musica e anche di vita perché io ho espresso con semplicità un linguaggio normalissimo, e cerco di comunicare i miei sentimenti e le mie aspirazioni. Questo brano piace molto ai bambini.

CESARE: Nel CD “Amo e mi diverto cantando” c’è anche un “50” sulla copertina, segnail cinquantesimo anniversario del tuo incontro con la musica.

MAURO: Esatto, avevo incontrato la musica nel 1953, ho cominciato a suonare l’armonica a tre anni su tavoli delle osterie.

CESARE: Torniamo su “Canzoni datate”, perché c’è questa canzone che si chiama “Ladro di sogni”, che è una storia che mi ha molto interessato.

MAURO: Viene da un momento di riflessione. Probabilmente è stato un momento di depressione, dove mi sembrava di essere entrato in un baratro, su questa canzone ho descritto quello che si prova dopo una chiusura personale. Quando ci sono dei dubbi senza risposta ti rivolgi al buon Gesù.

CESARE: Adesso mi devi raccontare una questione riguardante il vecchio “Blue” Lou Marini.

MAURO: Il grande Lou, l’ho conosciuto l’anno scorso, essendo parente di un mio carissimo amico, Giampiero, come forse saprete lui è originario di Darzo, suo nonno era di Darzo, comune di Storo. Lui ogni tanto ritorna qui, una sera mi ha chiamato l’amico Giampiero, mi ha detto “guarda che questa sera c’è Lou, se vuoi venire siamo sul lago di Ledro a mangiare in compagnia, ci sono anche degli amici che suonano, probabilmente suona anche lui”, io ho portato con me la partitura di questo pezzo che avevo scritto pensando a Chet Baker, il grande trombettista suicidatosi ad Amsterdam, si è buttato dal settimo piano. Chet Baker aveva una forza e un’anima incredibile, mi piaceva molto come interpretava i pezzi. Ho portato la partitura a lui e gli ho chiesto”me la suoneresti tu?”, lui l’ha guardata un attimo e mi ha detto “sì”. Era un sabato sera, la domenica lui è andato a casa di Giampiero dove c’è un piccolo studio e ha registrato il brano. Mi ha chiamato e mi ha detto “Mauro, your music is ready!”. Io l’ho ringraziato e lui, molto felice, ha ringraziato me perché gli è piaciuta la partitura.

CESARE: Su “Canzoni datate” c’è anche “Sì, canterò per noi”, che è un titolo che sa un po’ di inno.

MAURO: E’ una specie di inno ai nostri vent’anni, che poi li nomino spesso questi vent’anni, perché credo di non averli più superati, mi sono fermato lì, cerco di camminare con loro, e alla fine mi sento giovane musicalmente, almeno spero.

CESARE: Chi volesse contattarti può farlo o sul tuo sito personale, www.maurobacchetti.it, su Facebook, dove c’è anche un gruppo.

MAURO: Mi possono contattare in qualsiasi modo, credo che comunque il modo migliore sia di guardare su Google.

CESARE: Comunque ci sono parecchie possibilità. Parliamo adesso della canzone “Cancion de Maritza”.

MAURO: Più o meno è la stessa storia di “Yusnay”. La prima volta che sono andato a Cuba era il 2000, la prima persona che ho conosciuto è stata Maritza, questa ragazza di colore simpaticissima. Ho conosciuto lei, la sua famiglia, povera gente ma molto dignitosa. C’è stato un dibattito tra di noi, perché lei era, come un po’ tutte le cubane, alla ricerca del turista per ottenere qualche minuto di vita occidentale. Questa canzone è un po’ un ritratto suo fatto da me in quei giorni. L’ho scritta anche questa durante il viaggio di ritorno.

Voglio ricordare che sono venuto spesso a suonare in Valle Camonica anche con i Malghesetti, anche l’estate scorsa.

CESARE: Grazie, Mauro e ciao.

MAURO: Grazie anche a te.

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