Sollevare un telo può essere un gesto tanto semplice quanto carico di significato. Simbolo di svelamento di ciò che, fino a poco prima, era nascosto, occultato allo sguardo e allo stesso tempo celato alla foga delle intemperie.
Riportato alla luce nel 2021, l’altare protostorico in località Spinera a Breno viene coperto in autunno e “scoperto” in primavera. La scopertura, che quest’anno si è tenuta domenica 30 marzo, sta diventando un’occasione d’incontro e condivisione di valori.
Sollevando il pesante telo i presenti – abitanti di Breno e paesi limitrofi, ma anche curiosi e appassionati d’archeologia – hanno preso parte a qualcosa di antico che si rinnova, anno dopo anno.
Per almeno 1.500 anni questo luogo è stato permeato da un profondo sincretismo. Qui vigeva la condivisione di pratiche religiose, culti e credenze provenienti da mondi lontani. Tenuti saldamente in contatto anche dalla capacità di ascoltarsi, accettarsi, forse perfino apprezzarsi a vicenda.
Alle cerimonie presso l’altare in pietra a secco prendevano parte i nostri antenati, prima e dopo l’arrivo di Roma che al luogo volle conferire un profilo monumentale. Un’opera grandiosa nata come un abbraccio della dea Minerva nei confronti di un sito dove l’acqua e il fuoco continuarono ad essere al centro di rituali più antichi.

È una storia che abbiamo già raccontato a più riprese, ma su cui è giusto poter tornare quando l’occasione si fa buona. La data del 30 marzo non è solo coincisa con una splendida e calda giornata primaverile. Portava in sé il significato profondo della festa romana della Salus Publica, Concordia et pax.
Con un augurio di concordia e di pace si è così inaugurata la stagione primaverile del Parco Archeologico del Santuario di Minerva (che da aprile è aperto gratuitamente nei fine settimana). Lanciando un messaggio di partecipazione condivisa, oltre le barriere di tempo e culture, aperta a vecchi e nuovi abitanti del territorio.
Se l’anno scorso erano presenti i rappresentanti delle principali confessioni religiose professate in valle, per quest’apertura si è scelto un taglio diverso.

Davanti alla replica della statua di Minerva (il cui originale si può ammirare presso il Museo Archeologico Nazionale della Valle Camonica di Cividate Camuno) Annalisa Baisotti, Alessandro Foresti e Angelo Mazzù hanno suonato musiche provenienti da tutto il mondo.
Canti di terre lontane hanno accompagnato anche l’annaffiatura dell’ulivo. Un piccolo rito nel rito, inaugurato l’anno scorso dai religiosi e compiuto quest’anno dai presenti all’evento. In primis, dai rappresentanti dei Comuni di Breno, Cividate Camuno e Malegno.
Procede così Intorno a Minerva, progetto che attorno al sito archeologico ha creato un’occasione di aggregazione tra culture e religioni. ”Si vuole sempre più riconoscere l’esistenza di questi nuovi cittadini in Valle Camonica”, dice Carlo Cominelli (Presidente di Cooperativa K-Pax). “Farli riconoscere anche dalle autorità e procedere con il processo d’integrazione che sappiamo essere stato presente nella cultura romana.”
L’altare (4 metri per 3) è estremamente delicato, tanto che necessita di continue cure e attenzioni, come racconta Serena Solano (Funzionario archeologo Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio per le province di Bergamo e Brescia, nonché Direttore del Parco Archeologico del Santuario di Minerva):
Il progetto sta contribuendo a fare conoscere il valore del sito archeologico fuori dalla valle. Il messaggio della pacifica convivenza che ci arriva da tanto lontano sta scoprendo, anche grazie a questi piccoli gesti, un’eco che travalica i confini.