Elisa Gierotto è morta mercoledì pomeriggio.

La disperata corsa dei soccorritori, il volo notturno fino all’Ospedale di Brescia e i tentativi del personale medico del Civile non sono serviti: le ferite riportate nell’incidente del 12 dicembre – quando l’auto parcheggiata sull’ingresso di casa l’ha travolta – e il lungo arresto cardiaco l’hanno costretta in rianimazione per 9 lunghissimi giorni. La 34enne di Fucine di Darfo non ha mai riaperto gli occhi e, ieri pomeriggio, i medici hanno dichiarato il suo decesso.

La notizia della morte di Elisa è arrivata in Valle poche ore prima della fiaccolata e della veglia di preghiera organizzata da colleghe, famigliari e amici, manifestazione che è stata annullata.

Elisa lascia il marito Omar Piccinelli, i figli Mattia e Martina, di sette e quattro anni. A piangerla anche la mamma Miriam Chiarolini, il fratello Damiano e il papà Guido Mario, in pensione da poco e per quasi vent’anni comandante del Distaccamento della Polizia stradale di Darfo.

Elisa da qualche anno lavorava come insegnante di sostegno alla scuola materna statale di Pisogne dove tutti la stimavano per il suo carattere solare, per la sua bontà e disponibilità.

L’ultimo gesto di generosità di Elisa e della sua famiglia è stata l’autorizzazione all’espianto degli organi. Questo, malgrado il cuore di lei si fosse fermato.

Così per la prima volta a Brescia è stato effettuato un prelievo multiorgano a cuore fermo, che richiede una straordinaria qualità clinica e organizzativa dell’ospedale e degli specialisti coinvolti. Infatti, al Civile si è reso necessario ricorrere alla circolazione extracorporea post-mortem per mantenere la perfusione e la qualità degli organi per il trapianto. Il prelievo multiorgano è stato possibile grazie all’impegno di cardiochirurghi, emodinamisti, chirurghi vascolari e rianimatori.

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