“Mi diceva che non riusciva a fare il suo lavoro perché in quella struttura c’era poco personale”: a dirlo in un’aula di tribunale Giuseppa Perna, madre di Nadia Pulvirenti, terapista per la riabilitazione psichiatrica uccisa il 24 gennaio di quattro anni fa da Abderrhaim El Moucktari, 58 anni, all’interno di Cascina Clarabella ad Iseo.
La madre, insieme al padre Fulvio ed al fidanzato Gianluca Conforti, è tra i testimoni del processo per omicidio colposo a carico di cinque persone: sono Andrea Materzanini, direttore del Dipartimento di salute mentale di Iseo; Giorgio Callea, responsabile del Centro Psico Sociale di Iseo; Annalisa Guerrini, psichiatra e responsabile del Cps di Rovato e della predisposizione del piano terapeutico individuale di El Moukhtari; Claudio Vavassori, presidente del Consiglio di amministrazione della Diogene, società cooperativa e datore di lavoro di Nadia Pulvirenti e Laura Fogliata, medico componente della Cooperativa Diogene.
I cinque, secondo l’accusa, non avrebbero garantito delle condizioni di lavoro abbastanza sicure affinché Pulvirenti potesse sentirsi protetta e svolgere tranquillamente il suo lavoro. Il 58enne di origini marocchine, considerato incapace di intendere e di volere, non è stato processato. Durante la sua testimonianza, la madre di Nadia ha sottolineato che non voleva che la figlia seguisse dei pazienti psichiatrici: “Lei era determinata”, ha aggiunto, “ed è andata avanti”.
Il padre di Pulvirenti ha aggiunto di aver scoperto che Nadia stava cercando un altro lavoro, mentre il fidanzato ha ricordato che la vittima si lamentava dell’assenza di personale e del lavoro in equipe. Il processo è stato aggiornato al 29 settembre.