Il settore della ristorazione in Vallecamonica è ripartito con iniziative e soprattutto tanta voglia di riportare nei propri locali tutti i camuni costretti nei mesi scorsi a stare in casa. Una sfida non facile, che però l’Associazione Ristoratori di Vallecamonica ha deciso di cogliere con entusiasmo ed intraprendenza. Come nel caso di “Dalla vigna al tavolo”, che coinvolge oltre che i ristoranti dell’Associazione anche alcune cantine camune.
“Sicuramente il vero significato di questa iniziativa è il segnale che i ristoratori hanno aperto con entusiasmo in un momento che resta difficile”, ci ha spiegato Fabio Scalvinoni, neo presidente dell’Associazione Ristoratori Camuni, “ci sono ancora timori legati al problema sanitario, la situazione non è delle più rosse. Ma abbiamo voluto dire al territorio ed ai –spero- tanti turisti che frequenteranno la Vallecamonica quest’estate che i ristoranti hanno riaperto in totale sicurezza e rispettando tutte le normative del caso”.
Come stanno andando le adesioni a questa iniziativa?
“Qualcosa si sta muovendo. Vogliamo fare vedere che la ristorazione camuna continua a sposare come prerogativa l’uso dei prodotti enogastronomici di qualità del territorio. In quest’ottica abbiamo stretto un accordo con il Consorzio Vini Igt di Vallecamonica e con il Consorzio Silter. E’ un’iniziativa abbastanza ampia che copre i mesi di luglio ed agosto, due appuntamenti per weekend il venerdì e la domenica, con la possibilità di visitare una cantina e poi di fare un aperitivo immersi nelle vigne con prodotti tipici; quindi ci si sposterà in uno dei nostri ristoranti per un menù che farà riferimento alle cantine appena visitate. In questo modo vogliamo essere le vetrine dei prodotti tipici locali da far conoscere non solo ai camuni ma anche ai turisti”.
Da ricordare anche la “cena per dirti grazie”. Come è nata questa idea?
“E’ nato in modo spontaneo tra noi ristoratori mentre ci sentivamo a distanza durante il lockdown. E’ stato un modo per far sentire la nostra vicinanza a tutti gli operatori sanitari che hanno lottato per tutti noi in prima linea. Ci è venuta l’idea di ringraziarli facendo ciò che sappiamo fare bene, ovvero cucinare, e quindi donando agli ospedali di Esine ed Edolo delle cene nei nostri ristoranti, a disposizione del personale ospedaliero. Un modo per ringraziarli e far sentire loro la nostra vicinanza.”
Come ha detto poco fa, i ristoranti hanno aperto rispettando tutte le norme anti-Covid. Ma –anche alla luce degli assembramenti che vediamo in spiaggia ed anche in alcune città- non sono troppo rigide le regole che i ristoranti devono seguire?
“Siamo consci del periodo che stiamo attraversando e siamo consapevoli che bisogna agire in totale sicurezza, il fatto di aver riaperto è già stata una grande conquista. Quando in piena emergenza si preventivava una distanza tra i clienti di due metri ci siamo spaventati: erano regole assurde che per tanti di noi avrebbero significato la non riapertura. Il nuovo decreto, invece, ha ridotto la distanza ad un metro, non impossibile da rispettare, ed il fatto che i congiunti possono stare vicini ci ha reso la vita più facile. E’ chiaro che con queste restrizioni si perde però la socialità che si può vivere in un ristorante, il che porta via anche una fetta di mercato. Ora soffrono soprattutto le attività piccole, che non possono neanche uscire all’esterno, come i ristoranti di vicinato o nei centri storici, la cui bellezza sta nel fatto di essere piccoli e caratteristici. Il timore è che se in autunno dovesse arrivare una nuova ondata, la situazione potrebbe diventare critica: senza la possibilità di cenare all’esterno i ristoranti potrebbero subire altri danni economici. Non le nego che siamo abbastanza preoccupati, come categoria: se non si trova un rimedio, un autunno con queste restrizioni per noi vorrà dire una crisi profonda”.
Avete ricevuto sostegno dalle istituzioni?
“Ni… No. Sicuramente il fatto di poter usufruire gratuitamente dei plateatici in alcuni Comuni è gradito, ma ripeto che tanti dei nostri ristoranti non hanno la possibilità di avere uno spazio esterno. Per quanto riguarda gli aiuti statali, qualcosa è arrivato: se l’emergenza dura qualche mese si stringono i denti e si cerca di non licenziare nessuno e di andare avanti, ma se dovesse durare anche in autunno, le istituzioni dovranno intervenire in maniera pesante, altrimenti per tante piccole realtà (e non parlo solo della ristorazione) potrebbe prospettarsi un periodo nero”.
In passato si è anche parlato di una possibile collaborazione tra ristoratori ed organizzatori di sagre, per fare in modo che anche là dove una manifestazione è stata annullata la si possa tenere all’interno dei ristoranti. Si è mosso qualcosa a proposito?
“Al momento non c’è nulla in ballo. Della questione se ne parla da anni: queste sagre, se sviluppate in modo disordinato come negli ultimi anni, per noi sono un danno. Siamo a favore assolutamente delle sagre vere, che portano avanti le tradizioni del territorio, contrari a quelle che sono inventate pur di racimolare qualche soldo, creando un danno economico a noi. La collaborazione è interessante, qualcuno dei nostri ristoratori già lo fa, ma va regolamentata e deve rappresentare un valore aggiunto al territorio. A questo proposito, a breve entreremo a far parte di un manifesto di Slow Food, ‘Gusta la tua terra’, che metterà in luce sagre e ristoranti che usano i prodotti del territorio. In questo senso la sagra diventa un valore aggiunto: quest’anno non ci saranno, ma dall’anno prossimo vogliamo intraprendere la strada della collaborazione con tutte le forze in campo dell’enogastronomia e del turismo. Uniti, rispettando le proprie professionalità, possiamo far crescere il territorio”.