Se l’obiettivo della pubblicazione era stupire possiamo dire che è stato raggiunto al 100%. Dalla copertina, malgrado le scritte evidenti, nessuno potrebbe pensare che possa trattarsi di una pubblicazione sulle ricette tradizionali della Valle Camonica.

 

E’ un dato di fatto che negli ultimi decenni televisione ed editoria (Clerici in testa) ci hanno abituato alla saga dell’esplicito: primi piani sul tegamino, immagini in dettaglio, una sorta di pornografia gastronomica che non lascia spazio all’immaginazione. Al tempo stesso in materia di cucina abbiano sentito tutto e il contrario di tutto: dai puristi della tradizione, che va rispettata integralmente anche negli aspetti che la stessa non s’è mai inventata, ai teorici del trasformismo e della contaminazione, dal cibo che sembra essere il contrario di ciò che è, a quello talmente salutista che vien da chiederti se ci si ammala lo stesso a mangiarlo.

Abbiamo educato una mente assolutamente aperta, quindi, disposta ad accettare ogni profanazione ai danni della memoria di Giacomo Ducoli Fio. In questo caso l’allenamento pregresso potrebbe comunque difettare perché, parafrasando il proverbio “il buon giorno si vede dal mattino”, possiamo dire che il buon appetito si vede dalle firme. Se i camuni dell’alta valle potranno non gradire fino in fondo le origini bergamasche di Riccardo Camaini (che poi insomma: Lovere è comunque diocesi di Brescia), il suo presente quale “cuoco dell’anno 2017” è tale da passare in secondo piano anche i prestigiosi trascorsi come “Marchesi boy”. Anche sulle origini francesi di Philippe Léveillé si può soprassedere, tanto in considerazione delle stelle Michelin che lo accompagnano, quanto, e soprattutto, per la fama di non essere particolarmente orientato verso la cucina dietetica. Infine, per ragioni puramente alfabetiche, Igino Massari, maestro indiscusso della pasticceria bresciana.

Il prodotto di questo incontro è un testo capace di conciliare, in modo assolutamente equilibrato, gli estremi di tradizione ed innovazione. Non solo ricette, perché cibo, gastronomia e alimentazione non sono solo questione di percentuali e tempi, ma anche riflessione sul senso del piacere. Anche nello specifico delle proposte culinarie non possiamo che apprezzare il puntuale sforzo di collocazione geografica e storiografica del prodotto.

Quando si entra nel mondo della cucina all’incontro di boxe tra innovazione e tradizione si affianca l’universo specifico domestico che, basandosi su un lessico familiare di sapori ed odori, vede mutare le ricette non solo da paese a paese, ma addirittura da casa a casa. Ne sono esempio i ravioli camuni, proposti in tante fogge col nome di casonsei o calsù, mai uguali a se stessi se assaggiati in contesti diversi. Ne segue che, ragionevolmente, anche questo libro solleverà le consuete polemiche del “non è così che si fa”, “noi ci mettiamo anche questo”.

Piace vedere, nelle molte fotografie che accompagnano la prima parte del volume, tanti volti giovani, a dimostrazione del fatto che la gastronomia camuna può avere un futuro.

Promossa la grafica, fresca e non eccessivamente invadente, sia pure nel limite della difficile gestione del libro come strumento operativo di lavoro (troppo spesso e con carta non propriamente indicata ad essere lasciata con disinvoltura sul piano di cucina). Sul fronte dell’operazione di comunicazione sorprende, e molto, che alla pubblicazione di un’opera del genere non sia seguita un’immediata e clamorosa diffusione a livello territoriale. Certamente se l’obiettivo era nobilitare la cucina camuna nel mondo non è alla Valle che si doveva indirizzare la promozione, ma sarebbe un peccato che uno sforzo così importante, sostenuto da notevoli ingredienti, passasse inosservato proprio da noi.

Una nota critica irrefrenabile: sia passato alle armi all’istante chi ha fornito la ricetta delle Migole. Da Malonnese posso certificare che mai, in nessun caso, nella medesima può essere previsto l’impiego di farina bianca. La ricetta originale prevede l’uso, in parti uguali, di farina di castagne, farina di grano saraceno ed acqua. Condimento, sale, null’altro. Si vocifera di versioni di sola farina di saraceno, ma farina bianca mai.

CAMANINI Riccardo – LÉVEILLÉ Philippe – MASSARI Igino, Segni di stelle – percorsi culinari in Valle Camonica, Compagnia della Stampa Massetti Rodella, Roccafranca 2016, pp. 415. A cura di FLOCCHINI Eletta e PIANTONI Alberto. Prefazione di CERVENI Stefano.

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