È andata in scena venerdì 27 gennaio, in occasione della Giornata della memoria nella biblioteca comunale di Cividate Camuno (organizzatrice dell’evento), la presentazione del libro: “Traditi Disprezzati Dimenticati-Diario di Angelo Ferrari”, un libro che tratta attraverso le sue memorie la storia vera di un falegname camuno, più precisamente di Borno, il quale fu internato nei campi di concentramento tedeschi dopo l’armistizio italiano del 1943.

Il libro è stato interamente curato dal professor Giancarlo Maculotti e dalla pronipote del protagonista Giulia Do, i quali hanno anche condotto la conferenza aiutati dalla moderatrice Paola Cominelli. Ad allietare la serata presente anche la musica di Elisa Bellesi e Flavio Damiola che si sono esibiti su icone musicali immortali come “Imagine” di John Lennon o “Generale” di Francesco De Gregori, per citarne alcune.

Tornando alla parte più letteraria e meno artistica dell’evento, il primo argomento trattato è stata la nascita di questo libro, e come sono state tramandate le informazioni presenti. La risposta è stata affidata alla pronipote di Ferrari: “Il mio bisnonno durante la sua prigionia ha scritto su una serie di bigliettini volanti quello che faceva e che provava in quei momenti; una volta giunto a casa li ha trascritti sul suo diario, decidendo però di nasconderlo in un cassetto per non farlo leggere a nessuno, come se volesse tenere quel brutto momento della sua vita il più lontano possibile da sé. Noi famigliari sapevamo dell’esistenza di questo manoscritto ma non eravamo in nessun modo autorizzati a sfogliarlo; solo dopo la sua morte, avvenuta ormai dieci anni fa, io e la mia famiglia abbiamo potuto capire davvero quello che ha vissuto, negli anni successivi è maturata l’idea di far conoscere a tutti la storia del mio bisnonno fino a quando con l’aiuto del professore Maculotti qualche anno fa abbiamo deciso di far diventare quest’idea un progetto concreto”.

Si è poi passati alla spiegazione storica, da parte di Maculotti, di cosa ha vissuto il compianto protagonista, ma soprattutto perché lo ha vissuto, insieme a tanti altri come lui. La storia degli “Imi” (Italiani militari internati) come sopra riportato comincia con il volta gabbana del governo italiano che abbandona la Germania e si schiera dalla parte degli alleati.

Questo fatto crea una grande confusione negli italiani, che non hanno più idea di chi siano gli amici e chi i nemici, ed è in questa situazione di fermento che nasce la storia degli “Imi”. Mussolini aveva infatti appena proclamato la Repubblica di Salò, sotto fortissime pressioni tedesche che volevano ristabilire il loro dominio quantomeno sull’Italia settentrionale, e ha quindi inglobato in questo nuovo Stato l’Esercito presente al nord.

Tanti di loro, però, si rifiutarono di entrarne a far parte poiché avevano capito chi erano i tedeschi in quel periodo e non volevano averne più nulla a che fare. Ovviamente il Reich non poté accettare questo, ragion per cui vennero imprigionati e portati nei campi di concentramento tedeschi tutti coloro che non vollero più combattere al fianco della Germania.

Queste persone prenderanno il nome di “Imi”: tra i deportati, che secondo le stime furono 700 mila, anche il nostro Angelo Ferrari e tanti altri camuni come lui. Per fortuna, circa due anni dopo la guerra finì e gli italiani (non senza numerose perdite) poterono tornare in Patria dove però gli fu fatto il torto più grande e soprattutto più inaspettato.

Infatti, come sostenuto dal professore, invece che essere riaccolti dalla comunità come degli eroi furono piuttosto traditi, disprezzati e dimenticati (da qui arriva il titolo del libro), poiché ben presto si accorsero di come non fossero visti di buon occhio dai concittadini.

Sempre Maculotti ha sostenuto che questo sia avvenuto per il fatto che in Italia il consenso al fascismo nonostante la guerra fosse incredibilmente ancora alto. Durante la conferenza, inoltre, è stato riportato anche un esempio pratico a sostegno di ciò, ovvero che un internato pochi anni dopo la fine del conflitto aveva scritto un libro per raccontare la sua storia, ma nessuno voleva prendersi la responsabilità di pubblicarlo: questo ci dà un’idea di come la figura degli “Imi” volesse essere dimenticata e non certamente esaltata.

Per chiudere la serata, il pubblico ha avuto la possibilità di porgere domande ai relatori. Da questo confronto, lo spunto più importante che è venuto alla luce è l’importanza della trasmissione letteraria di più storie personali possibili sull’argomento, in quanto purtroppo per motivi anagrafici la possibilità di avere esperienze dirette con chi ha vissuto in prima persona i fatti è sempre più rara.

[Di Giulio Frerini]

Share This