Era il 24 aprile 2014 quando la croce di legno realizzata da Enrico Job in occasione della visita a Brescia di papa Giovanni Paolo II nel 1998 collassò improvvisamente sul Dosso dell’Androla, a Cevo.
Lo schianto del gigantesco Cristo in croce travolse Marco Gusmini, 21enne disabile residente a Lovere che era in gita con l’oratorio.
Quattro anni dopo, nel 2018, il processo di primo grado si chiuse con le ultime quattro condanne per omessa manutenzione e omicidio colposo e l’assoluzione del progettista.
I ricorsi in appello furono tre, ma, in seguito alla morte, quest’estate, di don Filippo Stefani, allora parroco di Cevo, in aula c’erano solo Marco Maffessoli e Lino Balotti.
Al termine della camera di consiglio la Corte d’appello ha ridotto le pene: un anno e quattro mesi per Marco Maffessoli, all’epoca presidente dell’Associazione Croce del Papa, (che in primo grado era stato condannato a due anni) e sette mesi per il volontario Bortolino (Lino) Balotti, che ne aveva presi nove (così come Elsa Belotti, che ha deciso però di non presentare ricorso in appello). I legali, in entrambi i casi, avevano chiesto l’assoluzione. Ora bisognerà attendere che vengano depositate le motivazioni della sentenza per conoscere gli eventuali sviluppi della vicenda giudiziaria. Il termine fissato per il deposito è di novanta giorni.
Al centro del procedimento sin dall’inizio c’è lo stato di conservazione del legno, di cui era fatta all’epoca la croce, materiale deperibile esposto per nove anni alle intemperie dell’Androla: per l’accusa infatti presentava una marcescenza avanzata e pericolosa, che una corretta e puntuale opera di manutenzione a cura dell’associazione avrebbe potuto evitare che la croce cedesse, così come la morte di Marco Gusmini.