Una vera e propria doccia fredda, che potrebbe rallentare ulteriormente degli interventi molto attesi anche in alcuni Comuni della Vallecamonica: è stata provocata da una sentenza della Corte Costituzionale, che ha dichiarato illegittimo un articolo della legge regionale del 2006 con cui la Lombardia aveva affidato ai Comuni le operazioni di bonifica dei siti inquinati sul proprio territorio.

La motivazione della Consulta, in poche parole, sta tutta nel fatto che i Municipi non avrebbero gli strumenti e le competenze necessari per portare avanti delle operazioni che devono avere come fine ultimo la preservazione dell’ambiente.

Se le cose rimanessero così, la situazione si farebbe ancora più pesante per i 73 siti in 43 Comuni bresciani in attesa di bonifica: tanti sono, stando alla mappatura dell’Anagrafe e gestione integrata dei siti inquinati. Tra questi otto sono in Vallecamonica e riguardano cinque Comuni: il più importante e tristemente famoso è quello dell’ex Selca a Forno Allione di Berzo Demo, a cui si aggiungono anche l’ex Sageter e l’ex Italsider di Darfo Boario Terme, le ex Acciaierie e Ferriere Sebino di Gianico ed il sito Pasina-Serbatoio a Temù.

Da citare anche il Comune di Pisogne, dove i siti in attesa di bonifica sono quattro: la Discarica Pizzo, la Metal Fra, la Palini Vernici e l’ex Ols (quest’ultimo oggetto di un’acquisizione da parte di una cordata di imprenditori locali).

Sulla questione è già intervenuto Attilio Fontana, presidente della Regione, che parla di “sentenza che va nella direzione del centralismo” e sottolinea che sia stata impugnata solo la legge lombarda e non quella di altre Regioni che si comportano allo stesso modo, mentre Giorgio Maione, assessore regionale all’Ambiente ed al Clima, ha già scritto al Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica per proporre una risoluzione normativa che legittimi il coinvolgimento dei Comuni.

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