Tutti coloro che passano per Breno si saranno soffermati ad ammirare la villa che si erge in centro al paese, tra il Municipio ed il Palazzo degli Uffici, e che sembra provenire da un mondo tanto lontano quanto affascinante.

 

Villa Gheza, questo il suo nome, non è una villa qualunque, a partire da colui che l’ha fortemente voluta negli anni Trenta e che ha realizzato tra il 1930 ed il 1935.

Chi era Maffeo Gheza?
L’artefice dell’edificio è Maffeo Gheza, avvocato nato a Pianborno nel 1875 e che, dopo gli studi di Giurisprudenza a Torino, decise di tornare nella sua amata Vallecamonica, a Breno per la precisione, dove decise di impegnarsi nelle numerose attività che lo vedevano coinvolto. E’ lui, infatti, che fonda nel 1933 la ferreria di Lovere, ma anche la Selva (Società Elettrica Siderurgica di Vallecamonica), la Metalselva e la Simva (Società Immobiliare e Mobiliare di Vallecamonica). Tutte industrie che, nella sua ottica, dovevano rilanciare la Vallecamonica dall’isolamento a cui stava andando incontro.

Ma Gheza non è stato solo un imprenditore prolifico: appassionato di caccia, tanto da far costruire un rifugio a Foppe di Braone, dove si recava un mese all’anno, era noto anche per il suo caratterre fuori dagli schemi. Evitava di andare al cinema o di viaggiare fuori dalla Lombardia, tanto era legato alla sua terra d’origine. Nonostante questo, la sua curiosità era molto vasta, come si può intuire dallo stile orientaleggiante che domina la Villa, la cui progettazione si deve allo stesso Gheza, che in questo modo ha realizzato a Breno un edificio che avrebbe ospitato, una volta completato, la sua famiglia, formata dalla moglie Adele Penzig (figlia del botanico Otto Penzig) e dai sette figli.

La progettazione della Villa
Gli studiosi sono tutti concordi nel sostenere che Gheza stesso abbia progettato l’edificio, come si può evincere anche dall’incisione sotto la loggia d’ingresso, in cui si legge “Progetto dettagli esecuzione dell’avv. Maffeo Gheza 1930-1935”. E’ anche vero, però, che da solo non avrebbe potuto elaborare tutto il progetto: per questo, si fece aiutare dal decoratore bergamasco Eugenio Bertacchi, a cui si devono soprattutto alcuni elementi architettonici esterni, come le trifore ed i lampioni ed altri decorativi interni.

Ad ogni modo, è Gheza l’artefice di ogni elemento presente nella villa, frutto della sua passione per l’Oriente, soprattutto per quanto riguarda gli aspetti decorativi, mentre la planimetria richiama le ville dell’Ottocento: un aspetto che andrebbe a dimostrare che Gheza non visitò mai direttamente l’Oriente, ma esaminò numerosi documenti dell’epoca sulle sue costruzioni, sebbene partecipò a numerose esposizioni universali, dove vide alcuni padiglioni rappresentanti questo stile. Pare, infatti, che l’avvocato abbia preso spunto principalmente dall’Alhambra di Granada, una vera e propria città murata meta di numerosi turisti occidentali proprio negli anni precedenti la realizzazione della Villa.

Il giardino
Appena entrati, non si può non notare l’enorme giardino che circonda l’edificio, ricco di una vegetazione frutto dell’influenza di Otto Penzig su Gheza. Lungo il viale acciottolato policrono che si affianca alla scala a ventaglio (e che permettono di arrivare alla villa), è infatti posssibile notare una vegetazione esotica, composta da palme, agavi e canne di bambù, proveniente dal lago d’Iseo, in modo che potessero acclimatarsi più facilmente all’inverno brenese. Se si percorre il viale acciottolato, si potranno anche incontrare luoghi nascosti, con panchine o tavolini, in cui potersi sedere ed ammirare la villa. In passato, era presente anche un “tetto giardino”, che però negli anni ha lasciato posto ad un ampio spazio di cui restano solo i lampioni. La vegetazione era presente anche sulla torretta belvedere, così come nel jardin d’hiver.

La struttura esterna
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Come detto, appena entrati si rimane colpito dalla fitta vegetazione, ma anche dalla scala a ventaglio, che conduce ad un lungo porticato affiancato da giochi d’acqua che lo rendono più affascinante. Arrivati all’ingresso, non si può non notare il balcone circolare sovrastante, sotto a cui si può leggere una frase in arabo, “La gente dice che cosa dice lasciamola dire”, una delle numerose frasi, prese da precetti coranici e riadattate da Gheza, che si possono leggere anche all’esterno della villa, sulle mura che la circondano, come “L’avvenire sarà di chi non lo ha temuto-Spetta all’uomo conquistarsi la vita”, “L’animo ingigantisce nelle difficoltà, “Chi molto… ha tempo… per crearlo”.

Ma la struttura esterna della villa, oltre ai numerodi trifori, alle bow-windows che richiamano gli edifici ottocenteschi e terrazzi, si fa notare in particolare per altri due elementi: il “ponte levatoio”, realizzato sul retro dell’edificio, e la già citata torretta belvedere.

Se il ponte levatoio, nel tempo, non è stato curato come si deve, passandoora quasi inosservato a chi passeggia intorno alla villa, è impossibile non notare la torretta, che ancora spicca in altezza e sovrasta tutto il paesaggio brenese. Qui Gheza faceva l’alzabandiera tutte le mattine, e da qui si può raggiungere la stessa altitudine della torre del Castello di Breno: un modo, pare, per permettere a Gheza di poter vedere un altro dei simboli più famosi di Breno da una prospettiva inedita.

L’interno
La Villa è costituita da quattro piani, di cui uno interrato, che serviva per gli uffici ed i locali tecnici come il magazzino. Il piano rialzato ed il secondo piano sono stati completati, mentre i lavori del terzo non sono stati terminati. Di questi, quello che conserva maggiormente l’impostazione originale è il primo, che conferma la passione di Gheza per il gusto orientale fuso alla planimetria che rispettava gli edifici dell’Ottocento.

Entrando dalla loggetta, si vede una halle ottagonale d’ingresso, dove domina una lampada su cui scorre dell’acqua. Da qui, si può accedere alle varie stanze del piano: la cucina, la sala da pranzo, il salotto della musica, il soggiorno, lo studio e la camera matrimoniale dove dormiva il padrone di casa.

Quest’utlima è quella su cui si sono concentrati maggiormente i lavori degli studiosi, che hanno potuto osservare ancora una volta l’attenzione di Gheza per lo stile moresco. Diverse le tecniche adoperate, dal mosaico al seminato, dallo stucco alle mattonelle policrome.

Anche l’arredamento rispecchia i gusti dell’avvocato, che fece realizzare due letti singoli in noce con evidenti richiami al resto delle decorazioni, mobili vicini allo stile degli allora famosi mobili Bugatti e realizzati da Aldredo Cappellini di Niardo.

Come si raggiunge Villa Gheza?
Villa Gheza è facilmente raggiungibile dalla strada principale che atttraversa Breno: poco dopo il Municipio (venendo da Malegno), all’incrocio con i semafori, è possibile vedere l’esterno della villa.

Quando si può visitare Villa Gheza?
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Purtroppo, la villa non è visitabile, se non in un fine settimana di maggio, quando, in occasione di “Classica”, manifestazione organizzata dal Nostalgia Club, è possibile ammirare le auto d’epoca dell’associazione all’interno delle ville del paese tra cui, appunto, Villa Gheza. L’edificio, però, è visitabile solo dall’esterno e non dall’interno. Inoltre, alcuni punti non sono accessibili al pubblico.

Fonti di riferimento
“Arte in Vallecamonica-Monumenti e opere”, Volume quinto, a cura di Bruno Passamani, Ed. La Cittadella-Gianico;
www.villagheza.it.

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