Nei giorni scorsi ha destato scalpore la polemica intorno ad alcuni dichiarazioni sentite in televisione secondo cui sarebbe legittimo chiedersi se, quando avviene un femminicidio, la responsabilità sia solo dell’uomo o anche del “comportamento esasperante” della vittima.

L’Associazione di Promozione Sociale Dieci, fondata nel 2015 da Erica ed Omar Patti, rispettivamente madre e zio di Andrea e Davide, i due fratelli uccisi dal padre ad Ono San Pietro (nonostante le dieci denunce per stalking a suo carico), ha voluto dire la sua con un comunicato stampa.

“E’ come se, dopo un furto, si dicesse alla vittima di essere colpevole per aver portato con sé il portafoglio, perché, se fosse stata un po’ più prudente e lo avesse lasciato a casa, sicuramente il fatto non sarebbe avvenuto”, dice l’associazione.

Un rimprovero, dice provocatoriamente il comunicato, che purtroppo non si potrà più fare alle sette donne uccise in sette giorni la settimana scorsa, per mano di sette uomini. “Questo è il messaggio che per secoli ha rafforzato la cultura patriarcale”, sostiene Dieci, “ma che oggi non possiamo più accettare. Basta colpevolizzare la vittima e giustificare il colpevole. La violenza, anche quella psicologica, non ha ragioni e tutti, uomini e donne, dobbiamo combatterla”.

Da qui, l’appello ai mezzi di comunicazione ed alla comunità, “per chiedere di trattare nel modo corretto gli episodi di cronaca che riguardano la violenza di genere”, così come alle istituzioni ed alla politica “per chiedere ulteriori interventi normativi, non solo punitivi, perché è del tutto evidente che il Codice Rosso non riesca ad arginare il problema”. “Non basta più punire i colpevoli”, chiude l’associazione Dieci, “ma è necessario colpire quella cornice culturale all’interno della quale i responsabili vengono spesso protetti e spalleggiati”.

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