Nel luglio scorso le strade della Vallecamonica sono state teatro di un assalto ad un portavalori: 377mila euro il valore del bottino, ovvero il carico che il furgone blindato stava trasportando e che erano destinati a filiali di banche ed uffici postali camuni.

Per quell’episodio è finita in carcere la guardia giurata di 41 anni di origini egiziana ma con cittadinanza italiana che era a bordo del mezzo e che per prima lanciò l’allarme, denunciando il furto tra Braone e Ceto. L’uomo continua a dichiararsi innocente, ma il pubblico ministero nelle ore scorse ha chiuso le indagini, mettendo al centro sempre il 41enne, la cui versione dei fatti registrerebbe alcune incongruenze.

Secondo l’uomo un gruppo di malviventi lo aveva fermato, stordito con dello spray al peperoncino ed obbligato a consegnare i soldi. Ma secondo gli inquirenti ci sono dei dettagli non chiari: il percorso compiuto dal mezzo, ad esempio, è stato differente da quello che la guardia dice di aver fatto, stando alle telecamere di videosorveglianza.

Ci sono nella ricostruzione, poi, quaranta minuti di nero, vale a dire il tempo in cui il gps del furgone è rimasto spento. Gli inquirenti tengono in considerazione anche il fatto che in alcuni cassonetti di San Zeno sono state ritrovate le buste-fascette porta soldi con le stesse matrici di quelle rubate, gettate dalla stessa guardia giurata, come testimoniano le immagini di alcune telecamere. Infine, il fatto che a casa dell’uomo siano state trovate delle valigie già pronte, come se fosse in procinto di partire: tutti elementi che secondo l’accusa lo incastrerebbero.

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