Potrebbe avere i giorni contati la vicenda legata alla gestione del ciclo idrico in Vallecamonica. A gennaio, la Corte Costituzionale aveva deciso di rimandare la sentenza a giugno: ora, a metà mese, potrebbe mancare davvero poco per scoprire quale sarà il futuro della gestione dell’acqua camuna.

In particolare la Consulta dovrebbe esprimersi sulla legge regionale 24 del 27 dicembre 2021, che consentirebbe di istituire degli Ambiti Territoriali Ottimali sub provinciali, in deroga alle norme nazionali, nei territori montani.

Una legge che di fatto dava il via libera alla Vallecamonica per avviare un proprio percorso di gestione del ciclo idrico, ma che fu impugnata dall’allora Governo Draghi, che vi vedeva un possibile precedente. Da allora, alcune cose sono cambiate: ad aprile il Tar ha bocciato i ricorsi presentati nell’ottobre scorso dai Comuni di Esine, Bienno, Berzo Inferiore, Ossimo e Pian Camuno, con cui si chiedeva di annullare la determinazione di un anno fa dell’Ufficio d’Ambito di Brescia che aveva respinto la loro richiesta di proseguire la gestione autonoma del servizio idrico.

La battaglia per l’autonomia sul fronte idrico, in Vallecamonica, si combatte da tempo: nel 2019 uno studio commissionato alla Bocconi aveva confermato la sostenibilità del progetto, ma nel frattempo la Valle si è divisa in due fronti. Da una parte, chi insiste sulla strada del Ato camuno, dall’altra chi ha deciso di aderire all’Ato provinciale affidandosi ad Acque Bresciane.

In tutto dieci Comuni (l’ultimo è stato Darfo alla fine dell’anno scorso), che avevano bisogno di investimenti immediati sulla propria rete idrica. L’Ufficio d’Ambito di Brescia (che ha anche avviato un’indagine per valutare se esistessero i requisiti oggettivi per l’Ato di Vallecamonica, coiinvolgendo 28 Comuni), dal canto suo, si dice pronto a non opporsi nel caso che la Consulta si esprimesse a favore dell’autonomia camuna. Ecco perché il parere della Corte Costituzionale è più atteso che mai.

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