“Dovrò convincermi di essermi sparato da solo”: a Giacomo Gazzoli, dopo l’assoluzione del 31enne unico imputato nel processo con il rito abbreviato per stabilire da dove fosse partito lo sparo che cinque anni fa lo paralizzò alle gambe, resta un’amara ironia.

L’uomo, va ricordato, nel novembre di quell’anno era in auto mentre percorreva la strada della frazione di Lombro a Corteno Golgi, quando un proiettile attraversò prima il paraurti ed un sedile della sua Peugeot 208, per poi colpirlo alla schiena, costringendolo da allora alla sedia a rotelle.

La sentenza dei giorni scorsi ha stabilito che il 31enne, che vive a poca distanza dalla casa in cui Gazzoli abita con la compagna Agostina, non può essere ritenuto responsabile: si è giunti a questa conclusione dopo la perizia richiesta dalla difesa del giovane, secondo cui il foro sull’auto di Gazzoli corrisponderebbe a proiettili di calibro minore rispetto a quello delle armi in suo possesso.

L’amarezza di Gazzoli è amplificata dal fatto che dei lunghi sopralluoghi sembravano aver riconosciuto che lo sparo provenisse da un’arma del 31enne, oltre che dal fatto che tutti in paese fossero a conoscenza che l’area fosse utilizzata da alcuni cacciatori per sistemare le ottiche dei propri fucili, come dimostrano i fori sui cartelli stradali.

108 le pagine degli atti investigativi in cui si racconta tutta la sua vicenda, che ora sembra non avere una conclusione: per Gazzoli, che in questi anni ha avuto il sostegno della comunità di Corteno Golgi ma anche di Braone, di cui è originario, una vera delusione.

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