Sembrava ormai vicino il traguardo per la costituzione di un Ato di Vallecamonica per la gestione in autonomia, a livello comprensoriale, dell’acqua. Questo grazie alla modifica alla legge regionale approvata a fine 2021 che consente di creare degli Ambiti territoriali ottimali (Ato) per la gestione del ciclo idrico integrato (acquedotto, fognatura, depurazione) non solo a livello provinciale ma, in determinate condizioni, anche nelle Comunità montane.

Sembrava, perché nelle scorse ore il Ministero della Transizione Ecologica ha chiesto di impugnare in Corte costituzionale l’articolo 13 della legge regionale 24 del 2021, ovvero quell’articolo che consente di perimetrare l’Ato al di sotto dei confini provinciali.

Il dirigente del Ministero ha inviato una nota alla presidenza del Consiglio dei Ministri in cui specifica: “Definire un Ato in ambito territoriale come quello delle Comunità montane è in contrasto con la normativa nazionale, contrapponendosi agli obiettivi che si è posto il legislatore”.

Secondo il Mite infatti gli obiettivi di tutela ambientale vanno perseguit ini forma unitaria, “attraverso il superamento della frammentazione della gestione dei servizi idrici e il raggiungimento di un’adeguata dimensione per una gestione efficiente, efficace ed economica del servizio”.

Da qui la proposta avanzata alla presidenza del Consiglio di impugnare la legge regionale e nello specifico la modifica sull’Ato. La decisione spetterà ora al consiglio dei ministri, ma per l’Ato di Vallecamonica intanto è stallo. E pensare che tutti i Comuni appartenenti alla Comunità Montana hanno già approvato nei Consigli comunali una delibera per accelerare l’auspicato percorso dell’Ato.

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