Con la presentazione, in questi giorni, del nuovo Piano delle attività di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi per l’anno 2023, la Regione Lombardia ha analizzato i dati relativi ai roghi verificatisi sul proprio territorio nel decennio 2012-2021, in modo da elaborare la classificazione di rischio che per ogni Comune e degli enti impegnati nelle operazioni di spegnimento.

L’elenco degli incendi boschivi degli anni presi in considerazione vede due episodi bresciani al secondo e terzo posto, ovvero l’incendio del 2020 tra Casto, Mura, Pertica Alta e Lodrino e quello del 2017 a Colllio. La Vallecamonica figura per la prima volta al decimo posto, con il rogo di Campolaro nel gennaio 2017 in cui bruciarono 260 ettari di bosco, e poi al 25esimo con il rogo di Malonno del 2015, in cui andarono in fumo 122 ettari di superficie boschiva.

Alla luce di questi incendi, ma anche degli altri che si sono sviluppati in questi anni (come non dimenticare i roghi che hanno colpito ad inizio 2022 i boschi di Berzo Demo), la Vallecamonica è stata inserita tra le aree a maggiore rischio, così come -nel Bresciano- la Valtrompia, la Valsabbia, il Sebino e l’Alto Garda.

In dieci anni, le cinque Comunità Montane bresciane sono state interessate dal 25% degli incendi boschivi e dal 31% delle superfici percorse dal fuoco a livello regionale. Il piano regionale parla anche dell’importanza dell’attività di sorveglianza e tutela per limitare gli incendi, ma cita anche l’incidenza dei cambiamenti climatici, che starebbero spostando la stagione a maggiore rischio di incendi dall’inverno all’estate, prolungando il periodo di allerta.

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