Inizierà il 21 febbraio, davanti alla Corte d’Assise d’Appello di Milano, il processo di secondo grado nei confronti di Davide Fontana, il bancario di 44 anni condannato in primo grado a 30 anni di carcere per l’omicidio di Carol Maltesi, la 26enne originaria della provincia di Varese il cui corpo fatto a pezzi venne ritrovato il 21 marzo di due anni fa in un dirupo di Paline di Borno, al confine tra Vallecamonica e Val di Scalve.
Fontana, che con la ragazza aveva avuto una relazione, era stato arrestato dai carabinieri alcuni giorni dopo il ritrovamento dei resti della giovane, trovati per caso in un prato da un contadino del posto, e aveva confessato il delitto. Un fatto che aveva scosso gli abitanti della zona, che alla vittima hanno dedicato anche una panchina rossa collocata nel luogo del macabro rinvenimento.
Agli inquirenti il 44enne, detenuto a Pavia, dopo essere stato trasferito da Busto Arsizio dove ha subìto aggressioni dagli altri carcerati, aveva raccontato di avere ucciso la ragazza l’11 gennaio 2022 mentre stavano registrando un video hard nell’appartamento della donna, a Rescaldina. Stando alle ricostruzioni, dopo averla colpita più volte con un martello, l’aveva sgozzata e quindi ne aveva sezionato il corpo, conservandone i pezzi per due mesi in un congelatore, prima di infilarli in alcuni sacchi della spazzatura che poi aveva gettato a Paline, dopo aver vagato – con l’auto di lei – nelle zone montane di villeggiatura in cui si recava da ragazzo.
La Corte d’Assise di Busto Arsizio lo ha condannato a 30 anni in primo grado, non riconoscendo le aggravanti (premeditazione, crudeltà, motivi futili e abietti) contestate dalla pubblica accusa. Dopo la sentenza di primo grado, Fontana ha chiesto e ottenuto, primo caso in Italia, la possibilità di accedere all’istituto della giustizia riparativa, che non è alternativa al carcere, non influisce sull’iter del processo penale, non prevede sconti di pena: si tratta di una forma di risoluzione del conflitto, complementare al processo, basata sull’ascolto e sul riconoscimento dell’altro con l’aiuto di un terzo imparziale. Vista la tipologia di reato, potrebbe, ad esempio, prestare servizio in un centro antiviolenza.