Un’accusa molto pesante rivolta ad una parte della politica camuna, che non mancherà di suscitare reazioni e repliche: è quella lanciata da Ettore Prandini, presidente di Coldiretti, dal palco della Fiera di Lonato, dove si è tenuto un convegno sull’agroalimentare lombardo.

Prandini, senza troppi giri di parole, ha affrontato la questione Cissva, la cooperativa camuna di Capo di Ponte che Coldiretti ha sempre sostenuto, salvaguardando il lavoro dei suoi dipendenti e permettendo ai soci (capitanati da Paola Pezzotti) di continuare a lavorare e valorizzare il caseificio da cui nasce la Rosa Camuna, prodotto simbolo della cooperativa.

Per Prandini, però, l’operazione non è piaciuta a tutti: “Una parte della Vallecamonica manda segnali di intimidazione alla Coldiretti per il ruolo strategico che ha avuto nel rilancio economico di Cissva”, ha detto, “a questi signori diciamo che non abbiamo e non avremo paura. Siamo pronti a denunciare i comportamenti che poco hanno a che fare con la cultura della legalità bresciana”. Prandini si rivolge a “chi minaccia e vuole creare spaccature e problemi, invece che risolverli e tutelare gli interessi dei produttori di latte”.

Il riferimento, neanche troppo velato, è all’operazione che la Comunità Montana sta portando avanti dalla primavera scorsa per realizzare un nuovo caseificio per la trasformazione e commercializzazione del latte camuno e dei prodotti da esso derivati. L’ente comprensoriale approvò a settembre la domanda presentata dalla Società Agricoltura Etica nella Valle dei Segni, assegnandole un milione e mezzo di euro per il progetto, dal costo complessivo di 3,9 milioni, che prevede la realizzazione di un impianto in media/basse Vallecamonica.

Ai tempi la Comunità Montana si affrettò a dire che il progetto nulla aveva a che fare con la volontà di opporsi alla Cissva, ma puntava ad “aiutare gli allevatori del territorio garantendo i 70 centesimi al litro necessari per la sopravvivenza dell’agricoltura di montagna, anziché i 50 centesimi di oggi”.

Per Prandini, però, sembra “a dir poco strano che un ente pubblico finanzi un caseificio privato per far concorrenza ad una cooperativa con soldi pubblici, creando distorsione di mercato e concorrenza in una Valle che, invece, avrebbe bisogno di unità”.

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