Da che ricordo ho sempre seguito il Festival e l’ho per anni commentato, serata per serata, sul sito della radio, almeno fino a quando il ‘sistema’ lo consentiva. L’ho fatto anche quando mi costringeva a stare in piedi fino alle 2 e ad alzatacce per andare al lavoro (il mio primo lavoro), organizzandomi l’esistenza in modo da recuperare qualche ora di sonno al pomeriggio.

L’ho fatto da ragazzo spensierato. L’ho continuato a fare da adulto depresso, negli ultimi anni anche assistito da disturbi del sonno che la notte mi lasciano troppo tempo in cui pensare. Tutto ciò fino a quest’anno (anche se delle avvisaglie l’anno scorso c’erano state).

Sanremo 2021 | La seconda serata su RaiPlay

La seconda serata di #Sanremo2021 è online.😍Da vedere, rivedere, e rivedere ancora… qui: bit.ly/3uW4L1s

Posted by Festival di Sanremo on Thursday, March 4, 2021

Amadeus, scusami, ma non ho mai dormito bene come in questi ultimi giorni. Mi basta appoggiare il capo sulla poltrona per abbioccarmi. Ho avuto la grazia, benedetto da una serie di telefonate e mail di lavoro, di riuscire a vedere la Bertè, ma poi il nulla.

Probabilmente sono io che sono invecchiato, probabilmente è il lavoro che in questo ultimo mese si è fatto sempre più pesante, probabilmente è che il giorno dopo in internet trovi tutto e puoi guardartelo ad orari meno impossibili. Ma non escluderei nemmeno un’altra possibilità: forse è perché non c’è niente per cui valga la pena rinunciare al sonno.

Il Festival di Amadeus è il festival dello scontato. Non che sia tutta colpa sua: è una tendenza degli ultimi anni è andata amplificandosi, anche sotto altri direttori artistici, ma che ora si è fatta dominante. Tutto prevedibile: le solite gag da adolescenti, la solita comparsata tra un cantante e l’altro, una manciata di ospiti in rappresentanza delle problematiche sociali, ma senza la capacità di spremerli a fondo cavandone davvero il senso.

Passaggi di facciata, schivando il rischio di somigliare alla D’urso ma con il mandato di essere al massimo superficiali. Idem dicasi per quanto riguarda le canzoni. Ha detto giusto Amadeus: il festival con le più alte percentuali d’ascolto fra i giovanissimi. Vale a dire con le più basse percentuali d’ascolto fra gli adulti. Artisti e musica selezionati con l’obiettivo di soddisfare l’usa e getta delle radio generaliste, identiche l’una all’altra.

Assente ogni situazione che possa anche solo lontanamente somigliare ad uno spessore: da un lato la spendibilità nell’immediato, dall’altro la noia dei pezzi non riusciti. Niente di cui stupirsi: il direttore artistico viene da una lunga pratica di quiz preserali dove conta il format. Le domande e i concorrenti il giorno dopo nessuno li ricorda più. E per fortuna che i cantanti (o meglio il loro staff) si danno da fare ad immaginare contorni, perché da sole le canzoni rischiano di non farsi notare.

E’ grosso modo ciò a cui siamo abituati da anni nel caso dell’Eurovision Song Contest: a caldo grandi clamori a poca distanza nessuna traccia degli interpreti, delle loro canzoni, dei loro percorsi artistici. Lo stesso Achille Lauro, che ha uno spessore musicale superiore rispetto a quanto fa credere, soffoca il prodotto immergendolo nelle performances. La stessa Bertè, dopo aver dimostrato di meritare quello che stava succedendo, è scivolata in un playback degno di Cristiano Malgioglio in uno dei suoi più riusciti travestimenti.

In nome del ‘cerca di cavare dal limone tutto il succo che puoi, comunque il limone sia’ complimenti a Colapesce e Dimartino per aver trovato una canzoncina leggera che, facendo da specchietto per le allodole, potrebbe portare la gente a conoscere l’album maturo pubblicato da poco, brava ad Arisa per aver tirato fuori le unghie anche se non sono bastate per sopravvivere ad un brano di Gigi D’Alessio: solo Loredana ce l’ha fatta, ma lei è un pettirosso da combattimento.

Bene a Madame per aver cantato piegata a novanta come faceva la Oxa delle origini ma pettinata come la Pivetti (non la prof. che non ci prova più con la DaD: la sorella imprenditrice). Splendidi i bresciani (per puro patriottismo, s’intende), grazie ai Maneskin per non aver presentato la ballata che ci si aspettava, ok a Noemi, talmente mimetizzata nella sua metamorfosi che in pochi si sono accorti di chi era.

Onore delle armi ad Annalisa, che affrontando la questione di petto ha attuato lo stratagemma della Turci di stordire l’orecchio mentre l’occhio esplora le colline. Risparmioso Ermal per aver condiviso parrucchiere e sarto con LP, altrettanto dicasi per lo stilista di Orietta Berti che è riuscito a riadattare ad abito alcuni camicioni di Liza Minnelli, peccato per Gio Evan che avrebbe potuto risparmiare sulla stoffa dei pantaloni della prima esibizione, portando l’occhio verso la giacca.

Apprezzabile Malika che continua a correre da sola e prima o dopo ci farà capire verso cosa. Brava la Michielin per aver tenuto a balia Fedez. Saluti, da Saturno, alla Sgarbi, produttrice degli Extraliscio. Peccato non abbia osato bissando la collaborazione con Orietta Berti il cui senso, in questo Sanremo, ne sarebbe uscito nobilitato.  

Geniale Rita Pavone, tornata in gara sotto il falso nome di Rappresentante di Lista, ai Pinguini per aver sbolognato il pacco sulle tavole dell’Ariston. Anche considerata la classifica della giuria di qualità della terza serata (l’orchestra) tutta la nostra solidarietà a quanti dovranno assegnare il premio della critica.

Polemico? Sarcastico? Alcuni anni fa si diceva che la stampa a Sanremo sbagliava, concentrandosi sui vestiti, sulle rivalità fra cantanti, sulla loro popolarità al punto di mandare in finale La Rivoluzione e di escluderne Tenco. “È il festival della canzone”, dicevano. Probabilmente era vero. Ma allora c’erano anche le canzoni. Adesso ci sono collezioni di ‘siparietti’ tra un solito ignoto e l’altro.

Share This