Era il 30 novembre scorso, quando undici lavoratori e lavoratrici dipendenti per conto delle ditte esterne nei siti museali nazionali della Vallecamonica hanno scelto di non firmare il nuovo contratto proposto dalla ditta vincitrice del nuovo appalto, che conteneva una proposta peggiorativa rispetto al precedente.

Questo personale è infatti assunto tramite ditte che vincono degli appalti gestiti dalla Direzione Regionale Musei Lombardia che consentono offerte con ribassi fino al 33% e paghe orarie di 5,37 euro lordi l’ora. I dipendenti, dopo giorni di mobilitazione sindacale, avevano accettato il nuovo contratto, sia per paura di perdere il posto di lavoro che per senso di responsabilità verso il patrimonio comune presente in Vallecamonica.

Nonostante il ritorno al lavoro, i lavoratori e le lavoratrici vogliono tenere accesi i riflettori sulla loro condizione: così, dopo gli striscioni affissi in occasione dell’inaugurazione del percorso che collega il Parco delle incisioni rupestri di Naquane di Capo di Ponte con le Foppe di Nadro di Ceto, il gruppo ha deciso di interpellare i candidati alle prossime elezioni regionali, che si terranno domenica 12 e lunedì 13 febbraio.

Sei domande rivolte, ovviamente, a tutti gli schieramenti politici: si chiede, innanzitutto, se i candidati siano a conoscenza della situazione lavorativa degli addetti esterni all’accoglienza e vigilanza che supportano i lavoratori statali interni; se pensano che questa sia una condizione accettabile e se sia un tema da affrontare; se reputano accettabile l’esistenza di contratti di lavoro collettivi nazionali con paga inferiore ai 10 euro lordi l’ora.

Il gruppo vuole domandare anche quanto tempo sia necessario perché la situazione cambi concretamente e che ruolo il primo sito Unesco italiano presente in Vallecamonica dovrebbe giocare nell’anno di Brescia Bergamo Capitale della Cultura.

“La Vallecamonica”, scrivono i dipendenti autori delle domande, “è immersa in un patrimonio straordinario, ma il patrimonio esiste perché c’è una comunità che lo riconosce: se questo patrimonio non serve a costruire un tessuto solido, benessere sociale e stabilità lavorativa alla comunità che lo custodisce, a cosa serve?”

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