“Fila in camera tua!” Una volta era un castigo, ora è diventato un autogoal educativo. A giocare questa partita sono i genitori di oggi. La prima generazione che si trova a crescere dei preadolescenti in un contesto fortemente diverso da quello in cui loro – mamme e papà – a loro volta sono cresciuti.

“Questa è la prima generazione di genitori che hanno due vite”. Ad esprimersi così è il Dott. Alberto Pellai, medico psicoterapeuta dell’età evolutiva. Autore di oltre trenta pubblicazioni sul tema dell’educazione e della necessità di forme di prevenzione rispetto al digitale, è stato ospite dell’incontro “Genitori e figli – come connettersi”, tenutosi lunedì 5 febbraio a Berzo Inferiore.

Partiamo dalla serata quindi, lasciando che sia proprio Alberto – che tra le altre cose è padre di quattro figli tra i 15 e i 23 anni – a raccontarci com’è andata. Ad emergere da questo breve audio è il punto di vista del relatore, oltre che quello dello studioso. Un medico ricercatore attento ai rischi che famiglie e ragazzi incontrano nel corso della fase più delicata della crescita, l’età evolutiva:

Se di competenze, consapevolezza e strumenti vogliamo parlare, è giusto allora ricorrere alla scienza. E, nello specifico, a quella branca in espansione che attrae l’attenzione di un pubblico sempre più vasto: le Neuroscienze. Perché è necessario questo passaggio? Perché spesso i genitori – adulti cui è data la prerogativa di porre un limite salvifico rispetto alle abitudini dei propri figli – si trovano spiazzati. Sguarniti, perfino, quanto alla comprensione delle vite dei propri ragazzi e all’affrontare con fermezza le sfide educative del terzo millennio. 

Semplificando, la domanda di base da parte di un genitore potrebbe essere: “Cosa devo fare accadere nella vita virtuale dei miei figli?” Ed è proprio qui che – semplificando ulteriormente, di modo da arrivare a tutti – possiamo partire dall’osservare il cervello dei ragazzi. I risultati delle ricerche mostrano come l’essere umano abbia, in pratica, due tipologie di cervelli. Da un lato, abbiamo un cervello emotivo. Dall’altro, un cervello cognitivo. 

Il primo è quello di Pinocchio nel Paese dei balocchi. È la ragionale neuronale alla base del “mi piace, quindi lo faccio”. In un adulto, questa componente viene prontamente bilanciata dalla parte cognitiva: quella che pensa, riflette e che ci protegge dai colpi di testa dettati dalla pancia. Il problema si pone quando questi due cervelli non viaggiano alla stessa velocità. Una condizione che si presenta in modo lampante all’ingresso nella pubertà. 

È qui che il preadolescente si ritrova ad assaporare i cambiamenti. Sicuramente cambia anche il suo corpo, ma è nella mente che troviamo la “grande sorpresa”. Qui, infatti, c’è il desiderio di mettersi al volante di una Ferrari e di vincere ogni limite di velocità. Un desiderio improvviso e fortissimo che tutti, almeno una volta nella vita, probabilmente abbiamo provato. Tuttavia, mancano proprio gli strumenti per porre un freno – per tempo e con i giusti modi – a questo stimolo. Ed è qui che è legittimato ad entrare in campo l’adulto. 

Il genitore ha quindi dei presupposti scientifici per controbattere alla reazione del ragazzo (o della ragazza) che gli intima di non invadere la sua privacy. Ha infatti la facoltà di riconoscere – e di spiegare al giovane – che non si tratta di mancanza di fiducia. È invece questione di compiere un dovere genitoriale che lo legittima ad assumere una posizione educativa forte. Tale da sedersi a fianco del figlio e di pattuire dei momenti in cui, insieme, si guarda anche alla vita online del quattordicenne. Un paio di volte alla settimana, ma insieme. Fianco a fianco, mantenendo però ruoli diversi e ben definiti. 

Si tratta di essere adulti che sanno quello che vogliono e che fanno quello che dicono. Capaci di porre i giusti limiti proprio in virtù del fatto che sono consapevoli sia di come agisce e reagisce il cervello dei figli, sia dei rischi che questi corrono anche quando sembrano “al sicuro nelle proprie camerette”. È un buon modo, gentile ma fermo, per far sì che quel Pinocchio di cui parlavamo prima non si faccia abbindolare dal Lucignolo della situazione. 

“Lucignolo è il pusher di dopamina”, racconta Alberto. E la dopamina, che incontriamo con le gratificazioni istantanee, funziona così: più il cervello sperimenta situazioni che la producono, più la produce. E più la vuole produrre. Un meccanismo simile a quello messo in atto dalle sostanze tossicodipendenti. Solo che le droghe digitali del caso possono essere (per fare un esempio concreto) i giochi online, tra cui riconosciamo delle tipologie fortemente dopaminergiche.

Serve allora chiedersi come fare squadra, tra adulti del villaggio globale, per prestare attenzione prima e meglio ai nostri ragazzi. Serve imparare a comprendere il concetto salvifico del limite. Serve incarnare al meglio il valore della responsabilità genitoriale anche – e proprio – nell’universo digitale di quella cameretta. 

L’intervista integrale al Dott. Pellai verrà trasmessa durante la puntata di VocePRESENTE, nuova trasmissione di Radio Voce Camuna in onda ogni venerdì alle 10:00. Gli audio saranno presto disponibili anche sulla pagina del programma.

[di Sandra Simonetti]

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