Lovere, 16 marzo 2024. La Sala degli Affreschi dell’Accademia Tadini è gremita. Studiosi, appassionati di storia e archeologia, bambini piccoli che trovano spazio tra le braccia di mamme e papà nelle ultime file. Prendiamo posto anche noi, dove ci è possibile. Abbiamo appena spento il registratore per l’intervista alle dottoresse Maria Fortunati e Margherita Bolla, che ora stanno per iniziare la presentazione.

Protagonista di quest’incontro è la recente pubblicazione “La necropoli di età romana di Lovere (BG) – Una comunità sulle sponde del Sebino”. Curata dalla Dott.ssa Fortunati, la pubblicazione conta ben 644 pagine suddivise in 6 sezioni e si avvale del contributo a titolo gratuito di una cinquantina di studiosi. Alcuni di questi sono presenti all’incontro, così come il Sindaco di Lovere Alex Pennacchio, la Dott.ssa Cristina Longhi della Soprintendenza, lo staff della Tadini.

A sinistra la Dott.ssa Maria Fortunati, al centro la Dott.ssa Margherita Bolla

La Dott.ssa Fortunati è stata funzionario archeologo della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Bergamo e Brescia. Dalle sue parole emerge in modo vivido il ricordo dell’ultima delle campagne di scavo, quella tenutasi tra il dicembre 2014 e il mese di giugno 2015. La necropoli di Lovere, sita presso il campo sportivo di via Martinoli – di proprietà della Parrocchia – era già stata oggetto di precedenti campagne, realizzate secondo diversi approcci anche per tenere conto del rischio di crollo del muro di contenimento dell’area. Nell’ultima, infatti, si è scavato in settori limitati, per evitare di esporre una porzione eccessiva e scongiurare così il rischio di cedimento. Un aspetto importante, che, come sottolinea la Dott.ssa Fortunati, consente di mantenere il vincolo sull’area. Ma cos’è emerso da questi scavi?

Breve estratto dall’intervista alla Dott.ssa Maria Fortunati.
Ricostruzione del volto di un giovane abitante di Lovere in età tardo-romana.

La necropoli è suddivisa in 6 recinti e conta 140 tombe: 48 cremazioni e 91 inumazioni. Una sepoltura è presente anche fuori dai recinti. Si sono trovati più resti umani all’interno dello stesso spazio d’inumazione. E qui è importante rendersi conto di come la mano del tempo, nel corso degli ultimi due millenni, abbia contribuito a sparigliare le carte. Il terreno è stato più volte rimaneggiato: si è infatti continuato a seppellire negli stessi recinti, portando ad una frammentarietà di quanto emerso poi durante gli studi.

Studi che hanno goduto del pregio dell’interdisciplinarietà, come più volte sottolineato anche dalla Dott.ssa Margherita Bolla, studiosa di Archeologia, docente, nonché autrice di numerose pubblicazioni sull’Età romana. Un aspetto, quello della collaborazione ravvicinata tra più discipline applicata agli studi archeologici, che fino a qualche tempo fa non era pensabile. Un’evoluzione dell’approccio alla materia.

Breve estratto dall’intervista alla Dott.ssa Margherita Bolla.

L’immagine di Lovere che emerge è così quella di ciò che in gergo si definisce “central place”, dicitura utilizzata anche per centri come Vicenza, tanto per dare l’idea. Abitato a partire dal VI millennio a.C., dalla metà del terzo ha conosciuto la metallurgia. Pochi però i reperti risalenti all’Età del ferro, per i quali lo studio della necropoli si è rivelato a maggior ragione importante. La Lovere romana era in florido collegamento commerciale con molte terre, anche remote, arrivando a godere di un’economia vivace, aperta e fiorente.

Diversi i collegamenti con la Valle Camonica. Nel corso dei secoli, nell’area di Lovere si sono rinvenute due iscrizioni, sul colle di San Maurizio. Una di queste è purtroppo andata perduta, ma dalla trascrizione che se n’è conservata emerge come ambedue fossero dedicate alla dea Minerva. Un tratto importante per tracciare quindi il collegamento con le iscrizioni camune di Breno e Borno. Un legame confermato anche dallo studio dei laterizi e dei bolli utilizzati: tra questi, uno presenta ben tre lettere dell’antico alfabeto camuno. Senza contare le analogie riscontrate negli studi delle ceramiche: una categoria decisamente corposa di reperti.

85 le lucerne rinvenute, a conferma del valore della luce nei rituali funebri. Ad abbondare sono anche i gioielli, come le “lunole”: crescenti lunari utilizzati come amuleti per bambini e ragazze, il cui potere cresceva quando riportavano i volti delle divinità del Sole e della Luna. S’ipotizza che la lavorazione dell’argento avvenisse proprio a Lovere. Presenti anche degli anelli ornati da gemme, una delle quali raffigurante Mercurio. Molti i recipienti in bronzo, dato particolarmente curioso per una necropoli, soprattutto considerando il fatto che alcuni di questi provenivano da altre regioni: un aspetto che ancora una volta è indice di una certa ricchezza. Nelle figure femminili sotto vediamo un’evoluzione dell’utilizzo dei monili attraverso i secoli:

La lista degli oggetti rinvenuti è ancora lunga, ci limitiamo a citare la presenza di reperti in vetro, dadi in bronzo, un pendente giallo con una figura di scorpione dalla valenza protettiva, strumenti in ferro, circa 270 monete. Non mancano gli strumenti di scrittura presso le sepolture femminili, ad indicare come anche sulle sponde sebine le donne di alto livello sociale avessero accesso a questi aspetti della cultura.

Ma ai defunti probabilmente si offriva anche del cibo, oppure erano i parenti a consumarlo durante i riti. Interessante notare come le ossa di animali rivenute appartenessero soprattutto a maiali e galli domestici: nonostante la posizione lacustre, si è riscontrato il solo caso di un pesce.

Nel complesso quindi, studiare in modo ancora più approfondito quest’importante luogo di sepoltura ha permesso di dare risposte anche a domande sulla vita di chi abitava la Lovere di 2000 anni fa. Un aspetto notevole, se si pensa che a Lovere non si sono ancora trovate case di età romana. Gli esperti possono però ora permettersi di avanzare delle ipotesi per quanto riguarda gli scambi commerciali della cittadina, la sua valenza militare ad un certo punto della storia e soprattutto il grado di benessere. Le analisi condotte sulle ossa di 40 sepolture hanno infatti portato alla luce la presenza anche di individui fino ai 90 anni di età. Mentre la Botanica ha individuato i resti di datteri: un tassello in più per ricomporre il puzzle di una comunità che conosceva la ricchezza.

La pubblicazione non verrà messa in commercio, ma sarà distribuita a scuole e biblioteche e resa disponibile gratuitamente sul sito della casa editrice. Edita da SAP Società Archeologica, nasce dalla collaborazione della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le province di Bergamo e Brescia e del Comune di Lovere ed è stata realizzata grazie al patrocinio e al contributo del Consiglio regionale della Lombardia e al contributo del Comune di Lovere. L’opera è dedicata alla memoria di don Gino Angelico Scalzi, Soprintendente a vita dell’Accademia di Belle Arti Tadini e Ispettore Onorario della Soprintendenza e di Filippo Maria Gambari, Soprintendente archeologo della Lombardia.

Le interviste complete alle Dott.sse Maria Fortunati e Margherita Bolla si potranno ascoltare durante la puntata di VocePRESENTE di venerdì 22 marzo, in onda dopo le 10 di mattina. In seguito, il podcast verrà caricato sulla pagina della trasmissione.

Per approfondire e scoprire anche i prossimi eventi dedicati alla Lovere romana:

Lovere romana. Dal “tesoro” alla Necropoli

Lovere Romana, una mostra e due eventi guardando al museo archeologico

Al Museo di Cividate Camuno alcuni reperti dalla necropoli di Lovere

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